Accade una mattina, quando hai ancora tatuato sul viso il tuo cuscino. Ti copri di capelli e occhiali, infili le ciabatte e ti trascini in Calle Lunga. Non è Venezia, ma siamo così vicini da poter declinare in calli, campi e campielli il nostro stradario.
Accade così, mentre entri nel tuo rifugio all’aroma di caffè, abbastanza grande per farti leggere il giornale, abbastanza piccolo per rispedirti presto nel mondo che qui è spiaggia, o scogliera, o porto, o laguna.
Accade che trovi una semplice indicazione scritta a mano “Per chi vuole regalare un caffè sospeso” e iniziano ad inanellarsi i pensieri. Nel mentre bevi il tuo “marocchino”.
Pensi al Cafe Martinho Da Arcada, in Praca do Comercio a Lisbona, dove quel tavolino resta in attesa di Pessoa da troppo tempo, con una tazzina di caffè e un bicchierino di aguardente che non fa mai male. Pensi al caffè di piazzale Cadorna, che elenca in miscele, grani e correzioni tutte le ansie e fissazioni milanesi e non.
E pensi che il miglior modo di cominciare, sia smettere. Smettere di correre e rimuginare. Smettere di guardare senza vedere. Smettere. Scendere dal mondo un paio di minuti, bere un caffè salmastro e inventare.
E penso. Penso che inizierò a viaggiare di caffè sospeso in caffè sospeso, ringraziando i buoni avventori e osservando silenziosa lì nell’angolo, assaporando l’aroma dell’umanità, anch’essa sospesa, in quel infinito istante che passa tra il chiedere e il degustare.
Intanto sfoglio le pagine del Professore, lui sì che se ne intende di caffè. Il prossimo caffè lo pago io, perché uno Sviaggiatore possa avere il tempo di un sorriso.
“La lunghezza effettiva della vita è data dal numero di giorni diversi che un individuo riesce a vivere.
Quelli uguali non contano.”
Luciano De Crescenzo
dedicato a Ger… perché nel suo caffè non mancano mai passione, poesia e buone cose.
pubblicato il 10 settembre 2013 su Sdiaro di Barbara Garlaschelli
