28. E amiamoli questi milanesi

 

E amiamoli questi milanesi

“Ho bisogno di un delirio che sia ancora più forte,
ma abbia un senso di vita e non di morte” … il Signor G.

Cari sviaggiatori, nei giorni scorsi mi è capitato di essere a Milano e ho deciso di investire il tempo mancato di un appuntamento per guardare la città. Basta stare fermi che al resto pensa lei. Buon caffè.

Essere certi milanesi è un’arte, amarli un atto di fede!
Prendi il mondo, rovescialo rovinosamente su una pianura tra druidi, celti, saltimbanco, cavalieri e barbari et voilà, nasce Milano. E a scendere in questa cascata c’è tutto il bello  e tutto il brutto che la storia, il futuro, l’economia e il design (il design!) possono creare.

C’è questo ghetto centrale, dove si aggirano e si riproducono quei brutti ceffi incravattati che, a vederli tutti insieme, incutono un po’ di timore. Ci sono gli avvocati che non potrebbero essere altro che avvocati e gli immobiliaristi che in tutto il mondo vendono case, mentre a Milano ricercano “concept ambientali”.
E mentre cammini nelle tue scarpe di simil plastica comprate nel centro commerciale fuori dai bastioni, ti senti improvvisamente  uno straccione, sfilando di vetrina in vetrina, dove non capisci cosa vendono, ma lo fanno con stile.
E siccome Milano è tutti i posti che vuoi, riesci a trovare anche un avamposto britannico nel bel mezzo di Cadorna, trovandoti immerso nel folk made in UK e con gli occhi di tre tizzi addosso che di inglese hanno solo la propensione all’alcolismo. Per un attimo la vista si annebbia, mentre passa un double decker turistico e ti chiedi se all’ultimo incrocio non hai svoltato per Trafalgar Square anziché seguire per Foro Bonaparte.

E la gente si ferma a guardare de sbièss “Ma ches chi l’eva minga un Prufesur? “ e intanto suona Lou Reed e tu sorridi perché  in fondo non potresti  vivere che in una città così sorprendentemente viva, tra il tram di legno e i bus green, gente che corre e gente che si perde… molta di più la gente che si perde correndo. Che poi correre per andare dove? Forse non ha importanza. Rincorriamo l’ansia di sentirci dentro il flusso, non soli, ma distaccati dalla gente: un’identità collettiva che disperde il nostro essere. Ecco, sì, a volte Essere fa proprio paura, meglio correre, trovare uno spazio e scivolare via dove lo sguardo ti appartiene giusto il tempo di perderlo.
E ti fai cinico mentre paghi il conto, pronto a tornare a correre, dove? Non si sa. Ma esisteranno i caffè sospesi a Londra?

© Laura Defendi, 2015

Informazioni su Laura
Laura persona, giornalista, speaker e blogger... utopicamente poeta
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