Cari sviaggiatori, in questi giorni sono stata un po’ in giro e mentre ero sul treno ho pensato a queste parole. Il caffè era pessimo, la vista splendida, le parole… giudicatele voi.
Arginano il mio agire, confinano i miei moti e pensano di avermi.
Mi guardano e pensano di possedermi. Si perdono sulla superficie del mio essere: illusi che colgono solo un breve racconto dell’infinita enciclopedia che mi compone. Arginano il mio agire, confinano i miei moti e pensano di avermi.
Continuo ad avanzare per poi ritrarmi, erodo, scavo, mi insinuo tra i costrutti che hanno piantato nelle mie profondità. Hanno spostato i confini, usato invano il mio nome, frugato famelici nella mia fecondità fino a rendermi sterile. Io continuo inesorabile il mio esistere e ogni alba racconto immagini di vita che si superano in qualità e meraviglia, giorno dopo giorno. E ogni sera regalo tramonti che sono schiaffi sull’inutilità del tempo perduto, speso a combattere vacue battaglie, crudele nel ricordare la piccolezza di ogni vita. Ma ogni notte, rimbocco coperte sui sogni e sui pianti, ricordando ancora e ancora, che ogni giorno che rinasce, è un buon giorno per tornare a vivere.
Sono tutta la libertà che non sai nemmeno di avere, l’astrazione del tuo corpo che diventa leggerezza e sono il peso delle paure che ti trascinano negli abissi dove manca l’aria. Sono la ragione che non puoi perdere se vuoi restare in vita. Sono la culla che ti accoglie, sono la morte che ti attrae con la sua dolce crudeltà.
Non puoi possedermi, ma puoi immergerti nella vita che mi anima, tornando nell’utero che ti ha generato nella notte dei tempi, nell’ancestrale tempo del possibile germogliare. Io sono il mare e tu resti sulla riva.
© Laura Defendi, 2015