Caffè sospeso è la mia rubrica fissa su Sdiario di Barbara Garlaschelli dove racconto storie come fossi seduta ad un caffè, guardando e ascoltando le persone, sfogliando il giornale. Sarà il suo sguardo sul mondo che diventerà un po’ anche nostro.
(pubblicato su #sdiario il 29 aprile 2014)
Quelli che …
… potrebbero evitare questa citazione, ma che ce l’hanno dentro come un disco rotto oh yeh
Cari Sviaggiatori ho proprio bisogno di voi. E’ da un po’ ormai che il mio giro di caffè sospesi fa tappa fissa in un baretto carino, vicino a una chiesa. Si sta bene e ogni tanto mi aggiungono qualche meringa al marocchino, che non guasta mai.
Insomma, a farla breve, mi sto specializzando in funerali. E lo so, tutti a toccar ferro che la fortuna è cieca, ma… No al di là dell’evento in sé, i caffè post funerale sono una finestra sull’umanità, superstite e malata, come ormai ho imparato a definirla.
Ci sono gli “anagrafici medicalizzati”, potreste chiedere loro l’estratto di un qualunque cittadino e vi direbbero, nascita, morte (e lì il gioco è facile), grado di parentela ascendente e discendente del defunto, numero di matrimoni, malattie in ordine di comparsa, decorso post operatorio, grammatura di solidi e liquidi previsti nella dieta, che poi tanto bene non deve aver fatto. Di solito hanno un’età che potremmo anche definire a.c. e mediamente parlano in dialetto arcaico risalente al periodo celtico.
Seguono a ruota le “comari del gruppo di cammino”, capigliatura in nuance dal giallo crespo al mitico “rosso menopausa” e loro sono esperte in amanti e figliolanza a perdere. Se poi i figli non sono dei tossicomani sull’orlo dell’overdose o le amanti non sono tali, poco importa, sono chiacchiere che con il cappuccino tiepido, macchiato chiaro, senza cannella ci stanno proprio bene. Sono la fauna, che proprio non amo, sempre lì a cincischiare storie che fanno più danni della grandine, con una leggerezza da pagina di “Intimità” che, con mio grande stupore, ho scoperto sia ancora in vendita, quando si dice che la crisi non esiste.
Poi ci sono i parenti affranti. Quelli che… “Chiamami se hai bisogno”, che il bisogno potrebbero capirlo anche da soli, ma almeno si sono parati la bella faccia in beige e blu. Quelli che… “ti trovo bene” e sei nanosecondi dopo, mentre chiedono lo zucchero di canna (che è sotto il loro naso), cominciano con la filastrocca “ti t’è vistu che lì …”. Quelli che… nemmeno davanti a una bara riescono ad avere un volto umano. Quelli che… davanti a figlie affrante dal dolore riescono a dire cattiverie sul genitore estinto.
Lasciatemi dire che spero di appartenere a Quelli che… il proprio estremo saluto se lo immaginano con poche persone sedute a un tavolo, vicino al mare, che ridono ricordando tutti i miei sproloqui e magari ogni tanto pensano che gli mancherò. Al conto pensateci voi, il caffè come sempre resterà sospeso… per l’eternità! (E giù a toccar ferro).
“Quelli che accendono un cero alla Madonna perché hanno il nipote che sta morendo, oh yeh!
Quelli che di mestiere ti spengono il cero, oh yeh no!”