Lavori utopici: lo speaker radiofonico

Radio killed the video star

Testo e foto di Laura Defendi

Pensare al dopo parlando del prima, con un occhio al timer che corre veloce, così veloce che tre minuti non passano mai e avere dimestichezza con microfoni, mixer, computer, social, in una pluripartizione mentale capace di creare un cortocircuito anche alla dea Kali.

 

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Eccoci di nuovo all’appuntamento con i LAVORI UTOPICI. In cordata con gli utopici giornalisti, convivono gli speaker radiofonici, coloro che non dicono mai “vado a lavorare” perchè vige la regola che “la radio non è lavoro, ma è divertimento”.

All’alba della mia seconda esperienza radiofonica, la prima nano e la seconda micro, posso dire che fare lo speaker è un lavoro, o dovrebbe esserlo.  Saper parlare senza andare in panico, ma non solo: guardare il mondo con un occhio critico e ironico, capire la portata delle notizie e saperle raccontare con un registro diafasico e diamesico appropriato, perchè come gli attori teatrali sanno, entrare con il tempo sbagliato in una battuta significa perdere l’appeal con il pubblico. Pensare al dopo parlando del prima, con un occhio al timer che corre veloce, così veloce che tre minuti non passano mai e avere dimestichezza con microfoni, mixer, computer, social, in una pluripartizione mentale capace di creare un cortocircuito anche alla dea Kali.

E ancora non ho parlato della parte più difficile del lavoro. La responsabilità. La radio non la trovi per caso accesa in casa, per quello c’è la tv, e anche  in auto gli mp3 hanno reso tutti noi provetti dj. La radio la cerchi, la vivi, per questo sono numerose e attive le comunity radiofoniche divise per appartenenza, genere e stile. Una canzone passata in radio entra nel vissuto corrente di chi ascolta e agisce sull’umore, sul ricordo, sulla malinconia. Alzi la mano chi non è mai rimasto con il fiato sospeso quando, nel pieno dell’introspezione tipica del guidatore da tangenziale, non è stato sorpreso dalla canzone giusta al momento giusto, quella struggente o ricca di energia, quella che parla proprio di te… e dell’altro/a. Quanti di voi, ammettetelo, non hanno collezionato figure pessime ai semafori rossi, perchè sorpresi a cantare come vere rockstar ? E la colpa di tutto? Della radio che ha varcato il confine degli altoparlanti per approdare nelle vite degli ascoltatori.

E se oltre all’intrattenimento si fa anche informazione? Il gioco si fa serio. Una notizia ascoltata in radio non è subito verificata come accade per le letture on line, quei trenta secondi sono presi per buoni e girati al collega alla prima coda per il caffè.

Allora perchè la radio sopravvive a tutto questo? Perchè conserva la magia. Ascoltare una voce, che spesso non ha un volto e immaginare la platea di ascoltatori invisibili, ha ancora lo stesso fascino dell’infinito immaginare oltre la siepe che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Pensate che sia troppo utopica? Forse. Forse conservo l’utopica visione fanciullesca, la stessa che questa mattina mi ha regalato dei fiori e un lavoretto costruito dai bambini dell’asilo, riconoscimento per aver portato la scuola e le maestre nel magico mondo radiofonico per quarantacinque minuti di trasmissione: una realtà fanciulla per una radio utopica. In ogni caso ringrazio per la magia dai gesti semplici.

Informazioni su Laura
Laura persona, giornalista, speaker e blogger... utopicamente poeta
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